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PREAMBOLO
Per conoscere lo stato danimo delle
popolazioni Venete nel 1855, anno dellannessione del Veneto al Piemonte dei
Savoia, bisogna ritronare indietro con gli anni fino al 1848-49 con la
Resistenza allAustriaco ad ogni costo di Venezia. Già dal marzo del
1848 i Veneti si erano sentiti traditi dai Piemontesi di Carlo Alberto, in
quanto egli non volle oltrepassare il Mincio e inseguire gli Austriaci in fuga,
dando loro modo di riorganizzarsi e, successivamente, rioccupare tutti i
territori allinfuori di Venezia - persi in seguito alle rivoluzioni.
Carlo Alberto si ritirò, infatti, lasciando
alla mercè di Radetzsky il Lombardo-Veneto, salvo riprendere la guerra
lanno successivo, dopo esservi stato costretto, e subire la sconfitta di
Novara il 23 marzo.
Ovviamente i Veneti, ma soprattutto i
Veneziani, covarono un sordo rancore verso quelli che credevano fratelli
e che invece li avevano lasciati soli contro la potenza austriaca.
Fu solo dopo diversi anni, ossia dopo la
visita a Venezia dellimperatore Francesco Giuseppe e dellimperatrice
Elisabetta Sissi nel 1856, i quali si commossero delle condizioni in
cui era ridotta la città, che le cose andarono un po migliorando.
Finchè arrivò lanno 1859, anno in cui i
Savoia iniziarono la loro occupazione dei territori italiani. Continuarono con
loccupazione militare del Regno delle due Sicilie, finendo lanno dopo
con il dichiarare la presunta unità dItalia.
Quando, nel 1859, occuparono la Lombardia
con due sanguinosissime battaglie vinte si badi bene non dai
piemontesi, bensì dai loro alleati francesi, per il Veneto iniziò la vera
catastrofe, in quanto i Savoia dirottarono tutti i traffici marittimi dal
porto di Venezia a Quello di Genova.
Ma i piemontesi per appropriarsi
dellItalia con le guerre causarono milioni di morti; fecero deportare
migliaia di soldati dellesercito delle Due Sicilie trasferendoli dal caldo
dalle regioni meridionali al gelo dei monti del Piemonte: di questi soldati
deportati non si è mai saputo che fine abbiano fatto. I partigiani dei
Borbone ( re Francesco II ), che volevano la restaurazione del vecchio regno,
furono fatti passare per briganti e i loro villaggi e i loro paesi
bruciati, le loro famiglie furono trucidate!
Insomma i piemontesi Savoia si annetterono
con la forza e la violenza, massacrando popolazioni inermi, e il tutto con il
tacito aiuto delle cosiddette potenze straniere, quali la Francia e
lInghilterra.
Finchè si arriva allanno 1866.
Grazie ai soliti intrighi politici, il nuovo
regno dItalia ma meglio chiamarlo regno del Piemonte (!)
si alleò con la Prussia e la Francia contro lAustria, rivendicando
anche i territori del Veneto e del Friuli!
E glielo ricordarono combattendo più accanitamente degli stessi austriaci a Custoza, dove unesercito di 70mila uomini bene armati, fu sconfitto da uno di 40mila e male armato! Infatti nellesercito austriaco combattevano moltissimi veneti ed anche molti personaggi dellantica nobiltà veneta.
E quando i soliti piemontesi vollero cercare
un riscatto per mare, trovarono altri veneti nella flotta austriaca i quali
seppero dare il saldo alla flotta sarda ormai rinominata italiana.
LA BATTAGLIA DI LISSA
20
LUGLIO 1866
Lissa è una piccola isola situata di
fronte alla costa Dalmata, conosciuta fin dall antichità come Issa e più
volte nominata dai Greci. E stata base navale della Repubblica di Venezia
dal XI secolo fino alla sua caduta, il 12 maggio 1797, ad opera del nefando
Napoleone.Fu ceduta, dopo il trattato di Campoformido, all Austria nell
agosto dello stesso anno, assieme agli altri possedimenti d oltre mare di
Venezia.
Nel 1866, al 8 di aprile, a Berlino si
celebrava il Trattato della triplice alleanza fra l allora regno d
Italia, la Prussia e la Francia, in base al quale entro tre mesi si
doveva dichiarare guerra all Austria.
L esercito Italiano operava una
ritirata strategica fino oltre il Po, per difendere l allora
capitale: Firenze.
Senonchè fra il 16 e il 28 di giugno, le
armate Prussiane invadevano l Hannover, la Sassonia e l Assia e il 3
luglio sconfiggevano l esercito Austriaco a Sadowa.
Due giorni dopo la disfatta di Sadowa,
Francesco Giuseppe chiese l armistizio e pur di concluderlo offrì di
cedere il Veneto alla Francia, la quale lo avrebbe dovuto girare agli
Italiani
Gli Italiani erano contrari a questa proposta perché
umiliava le loro forze armate e, vista la penosa condizione dell esercito
dopo la dura batosta di Custozza, hanno puntato sulla marina per poter
riportare una vittoria sul nemico che consentisse loro di finire onorevolmente
(una volta tanto
) la guerra.
Anche il primo Ministro, Bettino Ricasoli,
era contrario a ciò, in quanto asseriva che il Veneto non andava
acquistato, ma conquistato !
Ma non tennero conto di una cosa molto importante: la flotta austriaca era composta, nella quasi totalità, da equipaggi provenienti dalle terre una volta soggette alla Repubblica di Venezia: dal Veneto, dal Friuli, dall Istria, dalla Dalmazia, oltre che da Trieste e da Oltremare, e TUTTI gli ufficiali avevano studiato presso la I.R. Scuola del Collegio Navale di Venezia: ad iniziare dall ammiraglio comandante Wilhelm von Tegetthoff, il quale, benchè fosse in tutto e per tutto un Deutschosterreicher, era registrato a chiare lettere nell apposito registro come Guglielmo Tegetthoff e questo lo si può ancora vedere presso l archivio dell attuale Collegio Navale Francesco Morosini di Venezia. Inoltre tutti gli ufficiali erano a perfetta conoscenza della lingua Veneta, al punto che gli ordini venivano in lingua Veneta!
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Ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff |
Bisogna anche tener conto di un altro
fattore: prima del 1797 non esisteva una marina Austriaca, ed è dopo quella
data che nasce col nome di OSTERREICH VENEZIANISCHE MARINE
(Imperiale e Regia Veneta Marina), composta da ufficiali e marinai provenienti
dalle terre della ex Repubblica di Venezia, i quali avevano ben recepite le
sue millenarie tradizioni marinare, militari, culturali e storiche. E, come già
detto, la lingua corrente era quella dei Veneti e a tutti i livelli. Nel 1849,
dopo la rivoluzione Veneta capitanata da Daniele Manin, vi era stata una
austriacizzazione nella denominazione ufficiale e l espressione
Veneta venne tolta; inoltre fra gli ufficiali vi era stato un certo
ricambio ed il tedesco era sì diventato la lingua primaria, ma non fra gli
equipaggi. Infatti questo cambiamento non poteva essere fatto in così
breve tempo.
I nuovi marinai continuavano ad essere
reclutati nelle terre Venete dell impero asburgico, e non certamente nelle
regioni Alpine o Austriache.
Possiamo dire che gli ufficiali erano
costretti a parlare il Veneto.Quale contraltare a questo, la
allora marina Italiana era in netto contrasto nel suo interno e la rivalità
fra le sue tre componenti (la Siciliana o Garibaldina, la Napoletana e la
Sardo-Ligure) era assai grande e notevole.
Inoltre fra i comandanti delle tre squadre
vi era non solo divisione, ma anche rancore: infatti tra l ammiraglio
Persano, l ammiraglio Albini e l ammiraglio Vacca vi era addirittura
odio!Gli ordini, poi, venivano dati nelle rispettive lingue, o dialetti, ed in
tale modo era del tutto evidente che fra gli equipaggi Italiani regnasse il
caos più grande! Leggiamo anche nell allora quotidiano Francese
La Presse , quale dimostrazione dell andazzo di quell epoca, una
cosa che pare attuale dei giorni nostri: pare che all amministrazione
della Marina Italiana stia per aprirsi un baratro di miserie: furti sui
contratti e sulle transazioni con i costruttori, bronzo dei cannoni di cattiva
qualità, polvere avariata, blindaggi troppo sottili, ecc. Se si vorranno fare
delle inchieste serie, si scoprirà ben altro! e così il quadro è
completo!
Dunque, giunge il fatidico 20 luglio, e quanto segue lo leggiamo dalle Memorie del Regio Commissario Italo Piemontese, conte Genova Thaon di Revel, incaricato dell annessione forzata del Veneto all Italia.L ammiraglio Persano non andava d accordo con il suo capo di stato maggiore. Nulla sapevano i comandanti delle squadre del piano d azione che aveva combinato Persano.
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Ammiraglio Persano |
Uscita la flotta dal porto di Ancona, varie
squadre furono mandate a sparare inconsideratamente contro le batterie di
terra altolocate di Lissa ed altri diversi punti della costa Dalmata, senza
ottenere alcun risultato. E quando la flotta nemica giunse improvvisamente, le
nostre navi divise, in bordeggiare incerto, ebbero pena a riunirsi.
All appressarsi del nemico, egli lasciò
inopinatamente la nave ammiraglia, dalla cui alta alberatura attendevasi
segnali, per andare a rinchiudersi nella torre dell Affondatore.Il Re d
Italia colò a picco oppresso dale navi nemiche, mentre la Palestro salò in
aria. Tegetthoff, le cui navi erano seriamente scosse, si rivolse verso Pola
ed allora solamente si vide un segnale di Persano: libertà di manovra.
Sull ordine del giorno osò scrivere
essere rimasto padrone delle acque.
Al rovescio dei generali battuti a Custoza,
egli si proclamò vincitore, essendosi tenuto fuori del pericolo. Salvò la
vita, ma non il suo onore militare. Ripeto: questo dal diario del Thaon di
Revel!
Per la cronaca: il Nocchiero che era al
timone della ammiraglia Austriaca, la Ferdinand Maximilian, e che speronò
affondandola l ammiraglia italiana, la Re d Italia, si chiamava
Vincenzo Vianello, da Pellestrina, detto el Graton e fu decorato con la
medaglia d oro al valor militare da Francesco Giuseppe: fu una delle tre
medaglie d oro e delle cento quaranta d argento elargite in quel giorno
ai marinai Veneti!
Al momento dello speronamento, Tegetthoff
disse in Veneto al Vianello daghe dentro, Nino, che i butemo a fondi!
Guido Piovene, il grande scrittore ed
intellettuale Veneto del 900, disse che la battaglia di Lissa fu l
ultima grande vittoria della Marina Veneziana.
In poco più di una sola ora l abilità
di Tegetthoff e il valore dei marinai Veneti ha consentito alla marina
Austro-Veneta (come la chiamano ancora gli storici austriaci) di riportare una
vittoria meritata. Le perdite sono state complessivamente di 620 morti e 40
feriti fra gli equipaggi Italiani, e di 38 morti e 138 feriti fra quelli
austro-veneti.
E ciò fu notato anche dal Garibaldi, il
quale s infuriò perché i Veneti non si erano sollevati per conto
proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo!
E interessante, anche, quello che scrisse
l ammiraglio Angelo Jachino nel suo libro Navi e poltrone: Non vi
fu mai alcun movimento di irredentismo tra gli equipaggi e tra gli austriaci
durante la guerra, nemmeno quando, nel luglio del 1866, si cominciò a parlare
della cessione della Venezia all Italia.
Alla fine, nonostante le sconfitte di
Custoza e di Lissa, il Veneto venne annesso con la forza all Italia.
E a Napoleone III, imperatore dei Francesi,
non resterà altro da dire in riferimento ai Savoia: Ancora un sconfitta, e
mi chiederanno Parigi!!!
E Giuseppe Mazzini, l Apostolo
dellUnità d Italia, scriverà sul Il Dovere del 24 agosto del
1866:
E possibile che l Italia accetti di
essere additata in Europa come la sola nazione che non sappia combattere, la
sola nazione che non possa ricevere il suo se non per beneficio d armi
straniere e concessioni umilianti dell usurpatore nemico?.
Il 19 ottobre successivo nel Veneto si
teneva uno degli ultimi plebisciti burletta, come li definì Indro
Montanelli nella sua Storia d Italia, per la sua forzosa annessione:
forzosa, perché le votazioni avvennero sotto l occupazione del territorio
da parte delle truppe Piemontesi, i votanti dovevano passare attraverso due
ali di militari per depositare nelle due urne (una per il sì e l altra per
il no) una delle due schede colorate, anche queste: una per il sì a l
altra per il no! Democraticamente!
L unità d Italia era fatta.
Senza dare la possibilità al Popolo Veneto di
esprimersi liberamente e in modo democratico, esattamente come accadde nel
conquistato regno delle Due Sicilie sei anni prima!
Gigio Zanon
Uomini di ferro su
navi di legno,
hanno sconfitto
uomini di legno su navi di ferro
(dal rapporto dell
ammiraglio Willelm von Tegetthoff , Brogliaccio di bordo della
Ferdinand Maximilian)