da il Giornale del 17/aprile/2009 (Granzotto)

ITALY EARTHQUAKE

Lettera di Gennaro De Crescenzo

Anche in occasione dei frequenti terremoti che colpirono il Regno delle Due Sicilie, i Borbone dimostrarono buone capacità di governo e operarono scelte utili che ancora oggi si potrebbero definire all’avanguardia. Di fatto si trattava della prima legislazione antisismica in Italia. Riportiamo solo qualche esempio. Il 5 febbraio del 1783 una violentissima scossa di terremoto aveva colpito l’interoSud dell’Italia
(30.000 le vittime nella sola Calabria).
Ferdinando IV avviò un programma di soccorso, assistenza e ricostruzione che rappresenta ancora oggi un modello di efficienza. Le popolazioni furono immediatamente alloggiate in baracche; partì un’opera ciclopica diprosciugamenti, bonifiche, ricostruzioni e costruzioni (case, strade, mulini, forni,magazzini). Furono «rilocalizzati» circa trenta centri urbani che sorgevano in aree a rischio e con nuove norme edilizie che prevedevano un sistema di travi riempite che rendevanoantisismiche le costruzioni (le case baraccate).
Per la ricostruzione, poi, fu istituita,una CassaS acra che incameròrendite e beni ecclesiastici calabresicon poteri autonomi e con la possibilità
di governare direttamente sul territorio e di eliminare lungaggini e dannidella burocrazia. Un altro esempio: il violento terremoto che nel 1851 distrussela città di Melfi e i paesi vicini.
Ferdinando II per otto giorni si recò a visitare i luoghi del disastro con il figlioFrancesco e il ministro per i Lavori  Pubblici, provvedendo personalmente per i casi più disperati. In un anno la ricostruzione era già stata completata.
Il 16 dicembre del 1857, poi, unviolentissimo terremoto colpì una vasta zona compresa tra il Vallo di Teggiano e la Basilicata. Duemila i morti solo a Polla.
Sempre Ferdinando II, superata la fase dell’assistenza, predispose la costruzione di una nuova città (una sorta di avveniristica«newtown»)pertrasferirvi i sopravvissuti.  Si trattava delle famose «comprese» di Battipaglia: delle vere eproprie coloniea gricole in territori per i quali già dal 1855 erano stati avviati interventi di bonifica. Lacolonia doveva accogliere 120 famiglie.
Dopo l’unificazione italiana cambiarono anche i criteri di assegnazione e fu abbandonata la legislazione adottata dai
Borbone in materia diprevenzione e di assistenza per i terremoti.

Gennaro De Crescenzo

La cosa è nota (non ai più, ma è nota), caro De Crescenzo. Però, al pari di molti altri primati borbonici – come ad esempio la prima linea ferroviaria o l’opificio di San Leucio governato da leggi socialmente all’avanguardia
ispirate da Gaetano Filangieri e che nemmeno i più arditi riformatori piemontesis isognavano-anche le disposizioni antisismiche sono liquidate cometrastullo, uncostoso e stravagantehobby di Ferdinando. Tanto per restare in tema di personaggi, regni e regimi non politicamente corretti, senta cosa mi scrive da Como il lettore Ubaldo Croce: «Lo sa che dopo il terremoto dell’Irpinia del luglio 1930 anche Mussolini fece ricostruire (grazie alla grande competenza di quel galantuomo di Araldo Da Crollalanza, ministro dei Lavori pubblici) con sistemi antisismici le case crollate?
Nona caso, quegli edifici resistettero, cinquant’anni dopo, al sisma del 1980. Ma c’è ancora una cosa importantissima da aggiungere. Dopo la ricostruzione Mussolini scrisse a Crollalanza: «Eccellenza, lo Stato italiano La ringrazia non per avere ricostruito in pochi anni, perché ciò era Suo preciso dovere, ma per aver fatto risparmiare all’erario 500 mila lire». E adesso che glie lo va a dire, a Gianfranco Fini?
Paolo Granzotto