massacro_lauria.jpg

di Antonio Boccia

…….   “  Giunto in prossimità della città Massena divise l’armata in tre corpi, il primo dei quali attaccò la parte alta della Città e l’altro il Borgo inferiore; Massena la invase con la Riserva attraverso i campi, pigliando una via diramatesi dall’arteria principale “ …….

…….  Ma il nucleo forte delle truppe napoletane si trovava proprio nell’abitato inferiore, il cosiddetto Borgo; in particolare la strada principale, che tagliava la città, era stata sbarrata in più punti con tronchi di albero, travi e macigni.  Molto probabilmente, poi, proprio a difesa del passo, il colonnello Versace aveva piazzato anche i cosiddetti  “briganti calabresi”, quelli veri, spesso utilizzati dai borbonici come ultima risorsa e tanto temuti dai francesi (i quali, a conferma di ciò, riportano nelle loro fonti di aver riconosciuto sulle barricate molti uomini dal tipico cappello nero con una penna sulla punta).  Ebbe perciò inizio il cannoneggiamento e la città fu così posta sotto assedio dalle due divisioni francesi.

Nella sua “Storia del Regno di Napoli”, il liberale Pietro Colletta riconosce, non senza una certa ammirazione, che “ né minacce né pericoli impaurirono quelle genti “.  Infatti calabresi, napoletani e lucani restarono al proprio posto, nonostante la pioggia di obici che cadeva loro addosso.

Il primo tentativo di sfondare con un assalto all’arma bianca le barricate si risolse con un massacro di soldati francesi : non uno riuscì a penetrare. E parimenti i due successivi assalti, fermati dal fuoco dei borbonici.

Aggiunge De Montigny : “ Dietro la barricata sono gli insorti; le terrazze e le finestre delle case sono occupate da uomini armati di schioppo; giungono a noi da ritta e da manca palle da due oncie: ma non ci si fa caso e si prosegue al grido di Avanti, Avanti”.

La tattica venne poi improvvisamente cambiata dal Massena, con l’attacco simultaneo sia nella parte inferiore che in quella superiore della città.

Come si è visto, infatti, Massena era stato costretto a disporre l’assalto in massa delle sue truppe, comprendendovi anche la “riserva”, consapevole di aver trovato un’accanita e dura resistenza da parte dei locali.

Il generale Gardanne, insieme al generale Parroneaux con il 29° Reggimento dei Dragoni, assediò l’abitato inferiore, mentre il generale Vintimille insieme al Mermet con il 22° Reggimento di Fanteria Leggera, invase quello superiore, presso le tre porte principali dell’abitato.  Intanto, Massena e il colonnello Donzelot entravano nel quartiere denominato Ravita.

Ma, continua De Montigny, “ le masse degli insorti, armate di fucili, sono poggiate contro i muri; altri stanno ad occupare terrazzi e finestre e altri sono al riparo, dietro macigni. Il Generale ci precede : granatieri e fanti avanzano sotto un nembo di piombo e sono sotto alle barricate.  Cadono i soldati giunti per primi; altri li rimpiazzano; cadono anche questi e altri sopraggiungono.  La strada è ingombra di cadaveri”.  I francesi insomma cominciarono a penetrare e, al rullare dei tamburi, si sparsero per ogni dove: la lotta divenne disperata.  Infatti il Turpin conferma : “  Solo dopo una furiosa lotta durata un giorno le truppe francesi riescono a sfondare le barricate, poste all’ingresso del Borgo, grazie ad un impetuoso urto d’assalto”.

In città la resistenza era accanita e violenta; i cecchini erano stati piazzati con cura in ogni abitazione, sicchè nel rione inferiore gli invasori vennero costretti a combattere all’arma bianca , casa per casa, sotto il fuoco incrociato, con l’obiettivo immediato di stanare innanzitutto i franchi tiratori.  Ma, evidentemente, più che problematica, la presa della città era impossibile : infatti il combattimento durò per tutta la notte.  Come sappiamo il Borgo era racchiuso nelle mura e le stradine interne erano assai strette ed occupate da tutto il materiale possibile.

Contemporaneamente, però, le altre truppe francesi, guidate di persona dal  Massena, stavano cercando di prendere a tenaglia la parte media dell’abitato superiore, penetrandolo in due punti, ossia dai campi posti nei pressi del Convento …….

…….   Scrive il Viceconti, il cui padre assistè alla battaglia, che  “ da una casa della strada che pigliò il nome dall’Ammiraglio Ruggiero alcuni cittadini spinsero un’ala del vecchio muro che, precipitando dall’alto e sgretolandosi, tanti uccise di soldati quante pietre aveva”. Si riuscì così a ritardare l’ingresso in città delle truppe francesi, che erano pronte all’accerchiamento finale.

La leggenda vuole che, proprio in questa occasione, venne fatta esplodere una miccia da un capitano borbonico che vi perse la vita, ma che riuscì comunque a rallentare l’avanzata francese, permettendo così alle retrovie di riorganizzarsi.   Intanto, nel quartiere Castello, una donna, Angiola Perrone, riuscita a salire sulla torre della chiesa di San Nicola, suonava a distesa la più grossa campana per comunicare il grave pericolo : i francesi erano entrati anche nel rione Superiore!

Probabilmente era questa l’occasione che il Massena aspettava per piegare la resistenza con il mezzo più immediato e violento : l’incendio.  Montigny racconta : “ A difesa, contro la baionetta francese, si ricorse ad ogni mezzo da parte degli insorti : ove mancò il fucile supplirono la scure, le pietre e i fiotti di acqua bollente.  Ma la baionetta ovviamente fa il suo mestiere : né grazia né pietà”.

A tale proposito, ha scritto il duca di Lauria  Pietro Ulloa, figlio del feudatario Giovan Battista e di Elena O’Raredon : “ Con gran coraggio traevano tutti, uomini e donne, alla difesa : tanto che i francesi – maggiormente irritati dalla resistenza – ardevano la città”.  I cosiddetti Volteggiatori, un corpo scelto di Dragoni, erano riusciti a penetrare per primi in Lauria inferiore.  Si trattava di soldati mercenari corsi, di lingua e cultura italiana, ma particolarmente efferati contro gli italiani; il loro compito era quello di ripulire le strade per permettere il passaggio dei corpi militari a cavallo.  Certamente anche loro, entrati tra i  primi, dovettero subire pesanti perdite.  Infatti, dopo la resa, essi saranno i più spietati e violenti.

Montigny ne descrive l’ingresso in città : “ Venne così sciabolato, sfondato e schiacciato tutto ciò che per la lunga strada di Lauria va dal ponte in diritta linea alle Calabrie.  Però, allo sbocco di tale strada, che conduce a Castrovillari, trovammo un’altra barricata : anche qui una grandine di palle vomita da tutte le finestre”.

Poi soggiunge : “Ah Lauria, moderna Sagunto !  La città di basso è sperperata di ferro e di fuoco”………

…….   Furono poi incendiate le prime case e, insieme ad esse le due chiese madri di S. Nicola e di S. Giacomo; fu completamente devastato e distrutto,purtroppo, anche il Monastero di S. Berardino, i cui frati vennero trucidati senza pietà.

Viceconti : “ E i soldati, entrati nelle case, vi consumarono atti della più inaudita brutalità : vennero uccisi nei loro letti gli infermi e gli anziani, e nessun pietoso sentimento l’età o il sesso valsero a ispirare.  Colla punta di una baionetta fu strappato alle braccia della madre un bambino, Luigi Alagia, per essere lanciato in una macchia di rovi.  Scovatasi una donna che si era rifugiata sotto un ponte in compagnia del suo giovane figlio, Baldassarre Mazzilli, a costui fu spezzato il cranio con un colpo di archibugio e la sventurata madre ebbe a raccoglierne in grembo il cervello.  Dire di tutti i fatti di sangue e di barbarie non sarebbe possibile …”.   Ancora Ulloa : “ Tra i gridi disperati dei combattenti penetravano i francesi nelle case, facendo macello di quanti stavano o fuggivano.  In particolare i soldati corsi, ferocissimi, si spargevano dappertutto, e rapivano quanto era dato rapire, insaccavano oggetti di valore, martoriavano le donne e scelleratamente anche i cadaveri”. …….

Editoriale il giglio Via Crispi, 36/A- 80121 Napoli – Tel- 081-666440